Le innovazioni tecnologiche, soprattutto negli ultimi anni, stanno compiendo passi da gigante. Si potrebbe pensare alla notizia di pochi mesi fa riguardante la riuscita della clonazione di due primati in Cina, oppure, alla scoperta di un nuovo stato di aggregazione dell’acqua.
È raro, però, osservare mutamenti ed innovazioni tecnologiche che sono il frutto di scoperte vecchie di anni o addirittura decenni. Un caso su tutti è quello dell’etilene tetrafluoroetilene (ETFE) che si presenta come un polimero (un aggregato esteso di entità molecolari di dimensioni inferiori) scoperto negli anni 40 un po’ per caso, come tutte le grandi scoperte in fondo.
Le molecole che costituiscono un composto polimerico sono chiamate monomeri e nel caso della produzione di ETFE si ottengono da una reazione radicalica tra fluoro e etilene, il più semplice tra i composti organici contenenti un doppio legame. Il processo di sintesi è a base d’acqua, non richiede l’utilizzo di solventi chimici, né di derivati del petrolio ed è in accordo persino con le regole sancite dal Trattato di Montreal, questo vuol dire che non rientra tra i materiali che danneggiano lo strato di ozono atmosferico.
Com’è fatto L’ETFE?
Volendo essere più specifici nell’analizzare il processo chimico che permette la formazione dell’etilene tetrafluoroetilene si dovrebbe dire che la produzione ha come fase iniziale la reazione di una molecola di tetrafluoroetilene e una specie radicalica, cioè un atomo o una molecola possedente un elettrone spaiato che rende la molecola stessa molto instabile e quindi reattiva.
Il risultato di questo primo passaggio è nuovamente una specie radicalica che può reagire con una molecola di etilene. In definitiva un polimero di ETFE è una successione 1-1 di tetrafluoroetilene ed etilene e in virtù delle sue proprietà chimiche è contraddistinto da notevoli pregi che lo rendono un ottimo candidato per applicazioni tecnologiche di vario tipo, approfondite in questo articolo, solo dopo aver esaminato meglio alcune sue caratteristiche:
- Il legame tra carbonio e fluoro è un legame chimico molto energetico, questo vuol dire che risulta poco reattivo e quindi molto stabile, questa proprietà gli permette di conservarsi inalterato anche per 30 anni.
- Una dote fondamentale è la quasi trasparenza nei confronti dei raggi solari, perché non interagiscono con i legami che tengono unito il polimero e passano quindi quasi indisturbati. Solo il 5% non riesce a transitare attraverso il materiale.
- È un ottimo isolante termico perciò, in genere, si osserva un importante abbassamento dei costi energetici dovuti al mantenimento delle strutture quando l’ETFE viene adoperato.
- La presenza del fluoro nella struttura del polimero fornisce un aiuto nei confronti degli incendi, infatti se il materiale viene a contato con fiamme vive non le fa propagare ed anzi tende a spegnere l’incendio in autonomia.
- Se esposto a temperature molto alte diventa più molle ma non si scioglie completamente, a differenza di molte altre materie plastiche.
L’ETFE dove lo possiamo trovare?
Le proprietà che abbiamo descritto ci fanno comprendere che l’ETFE ha rilevanti applicazioni nel settore edilizio. È chiamato da molti il “vetro del futuro” perché è un materiale plastico trasparente che offre le stesse prestazioni del vetro per quanto riguarda la trasparenza ai raggi UV, quindi è usato nella costruzione delle serre e degli zoo, dove si ha l’esigenza di avere un’illuminazione il più naturale possibile. Rispetto al vetro però ha la prerogativa di essere 99 volte più leggero.
Uno degli edifici più famosi che è stato costruito impiegando tale polimero è l’Allianz Arena, lo stadio della città di Monaco di Baviera, in Germania. In questo caso non sono state usate delle lamine di ETFE ma dei cuscinetti che si possono riempire d’aria. A seconda delle necessità climatiche, sfruttando delle pompe, si possono riempire di più o di meno i cuscinetti per migliorare ulteriormente l’isolamento termico delle strutture.
Il successo nel campo delle costruzioni si deve anche al fatto che i pannelli risultano essere autopulenti e richiedono pochissima manutenzione.
Purtroppo, il polimero ha anche degli svantaggi, il più importante è legato al costo di produzione e quindi del prezzo dell’ETFE stesso. Infatti, non sono molte le aziende che hanno le tecnologie e l’esperienza necessaria per lavorare con il fluoro. La prima è stata la Vector Folitec che ha cominciato a produrre dei pannelli da impiegare nel settore edile, l’altra azienda leader è la Du Pont che però lo produce per impieghi aeronautici.
Le sperimentazioni sono continue, ad esempio da qualche anno i cuscinetti vengono riempiti di azoto al posto della comune aria in modo da aumentare l’isolamento termico tra interno ed esterno così da diminuire maggiormente i consumi energetici.
In un’ottica di ecosostenibilità, L’etilene tetrafluoroetilene offre un giovamento aggiuntivo: la possibilità di essere riciclato completamente. Basta fonderlo per ricreare nuovi pannelli che possono essere impiegati di nuovo.
Ormai le strutture costruite con questo poliedrico materiale sono molte: dall’ambasciata Americana a Londra, agli uffici della Regione Lombardia e molti altri sono stati e dovranno essere costruiti.
In conclusione, dobbiamo prepararci a vedere sempre più spesso nelle nostre città incredibili opere di design e architettoniche, le quali avranno L’etilene tetrafluoroetilene come protagonista con buona pace del caro vecchio silicio che ci ha servito fedelmente per secoli.